La Trilogia Del Bimbo Dal Dentista: Episodio II° “LA SEDUTA ODONTOIATRICA”

Categories: Buone pratiche

Abbiamo visto nell’Episodio I° della nostra personale trilogia (“Prima della Visita”) l’importanza di evitare da parte del genitore troppe raccomandazioni al bambino prima della seduta odontoiatrica, per scongiurare il rischio di uno stressante sovraccarico di informazioni. Arrivato il momento della visita, il bambino viene accompagnato dal dentista, che a questo punto gestirà al meglio l’approccio nei confronti del piccolo paziente.

E’ sempre possibile ottenere la collaborazione del bambino?

Va onestamente chiarito che non sempre si ottiene una totale o anche solo parziale collaborazione spontanea da parte del piccolo paziente. Nei bambini realmente non collaboranti le terapie possono essere eseguite solo utilizzando forme di sedazione cosciente (tecnica utilizzabile anche nello studio dentistico) o di vera e propria narcosi, cioè in anestesia generale (eseguibile solo in presenza di un medico anestesista e solo all’interno di strutture ospedaliere e cliniche abilitate).
Prima di ricorrere a queste opzioni, comunque più invasive, è corretto fare una serie di tentativi per cercare di ottenere la collaborazione del piccolo come si farebbe con un adulto.
Non è sempre possibile e mai semplice, ma alcune azioni e comportamenti da parte del dentista possono fare in modo che anche situazioni al limite diventino casi risolvibili, ottenendo delle buone percentuali di successo.

Quali fattori possono influenzare il comportamento del bimbo?

Vediamo i comportamenti più utili per far vivere al bimbo un’esperienza poco traumatica.
L’AMBIENTE. L’importanza di un ambiente che sia in grado di trasmettere serenità e tranquillità nel piccolo paziente e’ già una componente importante; l’uso di colori solari e caldi, insieme alla vivacizzazione con decorazioni e disegni tranquillizzano il piccolo paziente e lo dispongono ad una fase di ascolto curioso che può essere sfruttato come chiave di accesso alla sua collaborazione.
APPROCCIO E LINGUAGGIO. Il medico dovrà avere un approccio calmo e gentile, seppur sicuro e deciso, anche secco se necessario, sempre rientrando subito dopo nella complicità con il bimbo, ma è fondamentale chiarire chi stabilisce le regole di quel gioco. Il linguaggio da utilizzare e’ alla base del successo iniziale nella collaborazione e trasformare alcune parole secondo uno schema di gioco che le renda meno “invasive” per l’immaginario del bambino, può permettere di spiegargli ciò che si farà di lì a breve senza spaventarlo, ma senza che subisca qualcosa a cui non era preparato.
Va inteso da subito che il concetto di fondo non è quello di mentire o di prendere in giro il bambino, ma semplicemente quello di entrare nel suo mondo e trasformare quell’esperienza in una sorta di gioco, con delle regole che, a volte, potranno non piacergli, ma che lui cercherà di rispettare per non “tradire” il gioco stesso.
LA GRATIFICAZIONE DEL PICCOLO. E’ importantissimo dare al bimbo input di gratificazione ad ogni comportamento corretto, stimolando in lui la voglia anche di dimostrare la sua forza e la sua indipendenza. Gestito in maniera molto oculata anche la promessa di un premio finale può aiutare a migliorare la collaborazione soprattutto nei bimbi in età prescolare.
IL RAPPORTO BIMBO-DENTISTA. La presenza dei genitori dovrebbe essere anche in studio il più possibile limitata, e certamente quando questo non si può evitare, completamente passiva, sia nei momenti iniziali dell’approccio, sia nelle fasi di “trattativa” con il bimbo, e soprattutto in quelle operative vere e proprie. Questo per evitare che il piccolo trovi “facili appigli” nel genitore per evitare le terapie. La gestione corretta del rapporto è infatti quella in cui bimbo e dentista hanno una relazione di comunicazione diretta, assolutamente senza intermediari (accompagnatore/genitore nel nostro caso specifico!). L’ideale sarebbe che il genitore presenziasse alla visita iniziale, anche per essere informato insieme al piccolo paziente dei problemi nella sua bocca, ma, una volta spiegate e stabilite le cure, non fosse mai presente in studio durante le terapie, soprattutto se il piccolo paziente è già in età scolare; l’esperienza diventa allora per il bimbo anche una palestra per iniziare a testare la propria indipendenza.

Con un approccio corretto si riesce ad avere in genere un’ottima percentuale di successo nelle cure pediatriche, limitando al minimo i casi di assoluta non collaborazione, da trattare insieme all’anestesista.

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